Soft Power Palace è un festival e laboratorio dedicato agli spazi culturali indipendenti europei, alcuni dei quali si riuniranno per una breve residenza di due settimane per riflettere sul futuro dello scambio culturale. Cinque iniziative dirette da artisti da Lione, Milano, Barcellona, Sofia e Stoccarda condivideranno le loro esperienze come lavoratori indipendenti del settore culturale, organizzando uno scambio di competenze curatoriali e di co-working. Il fine di Soft Power Palace è di immaginare il futuro dello scambio culturale e le connessioni transregionali che possono crearsi al di là di forze politiche ed economiche.
ATLAS OF FORMS
“Sorge allora la domanda, la vera domanda: come tornano [reviennent-elles] le forme?, proprio come diciamo dei fantasmi. Domanda nietzscheana, domanda freudiana, ma anche domanda warburghiana per eccellenza: quella del Nachleben, della ‘sopravvivenza’ delle forme o delle ‘formule’ visive.” – Ritornanza di una Forma, La Conoscenza Accidentale, Apparizione e Sparizione delle Immagini, Georges Didi-Huberman
La storia dell’arte, dall’antichità ad oggi, è costellata di forme cariche di significato culturale che non solo appaiono in diverse culture, ma sembrano anche scomparire e riemergere in diverse epoche e posizioni geografiche. La storia dell’arte appare come una massa colorata di oggetti e avvenimenti, stati e cambiamenti, rumori e circolazioni. Come tracciare, in questa immensa massa, la creazione e trasformazione delle forme? Non ci chiediamo solamente in cosa mutino queste forme, ma come esse si trasformino nel tempo e nello spazio. Oltre che domandarci come si distribuiscono nel tempo e nello spazio, ci domandiamo in quali modi queste ridistribuzioni affettino il loro carattere antropologico.*
Per riflettere sul tema dello scambio culturale e sulla possibilità di formare connessioni transregionali che vadano al di là delle relazioni politiche è necessario riconoscere un terreno comune che può essere ricercato tra le pieghe della storia visiva europea. L’arte è sempre stata investita del ruolo di dar voce alle complessità dell’esperienza umana, sublimandola in oggetti sia sacri che profani per aiutare l’animo umano nella comprensione delle sue varie sfaccettature. Perciò, la nostra storia visiva può fornirci un atlante di formule visive che rispondono a varie esperienze umane che accomunano tutte le culture; morte, sessualità, potere, procreazione, natura, e via dicendo. Attraverso questi viaggi di apparizioni e sparizioni, le immagini e le formule visive hanno abbandonato il regno dell’arte per penetrare la quotidianità. Ma attraverso questa penetrazione del quotidiano, l’immagine ne esce trasfigurata: ex-voti etruschi rappresentanti le intestina ritornano nei mercatini dell’usato sotto forma di colorate figure di plastica per la decorazione del presepe natalizio*, colonne corinzie riappaiono all’entrata dei nuovi cinema americani, divenendo tanto più avvicinabili quanto più si allontanano dalle loro origini sacre.
Prendendo queste riflessioni come punto di partenza per il nostro progetto ideato per Soft Power Palace Festival, abbiamo deciso di dedicare le due settimane di residenza all’esplorazione delle forme visive, del loro ritorno, della loro trasfigurazione e della loro categorizzazione attraverso un coro di voci appartenenti a diverse culture e discipline. Il nostro desiderio è di esplorare non solo il ritorno e la trasfigurazione della forma da un punto di vista globale, ma di promuovere una compenetrazione di discorsi e discipline nella lettura e comprensione di tale materiale visivo. Abbiamo quindi deciso di dividere la nostra permanenza in due cicli di produzione. La prima settimana sarà dedicata al raccoglimento di immagini. Sei fotografi da sei diversi paesi consegneranno immagini di simboli culturali locali (dal più sacro al più mondano). Questo processo di consegne sarà a catena, e ogni fotografo dovrà rispondere alle immagini consegnate dal fotografo prima di lei/lui, in modo da attivare una ricerca di simboli culturali in comune. Nel frattempo, il nostro team curatoriale risponderà alle fotografie ricevute raggruppando materiale d’archivio di rilevanza (dipinti, incisioni, pubblicità, e via dicendo). L’obiettivo della prima settimana è quindi di raccogliere una vasta quantità di materiale visivo, che verrà poi utilizzato durante la seconda settimana.
La seconda settimana si concentrerà sulla lettura, l’assemblaggio e l’esplorazione dell’archivio visivo raccolto, prendendo come spunto di partenza L’Atlante delle Immagini di Aby Warburg. Cinque professionisti da cinque discipline diverse saranno invitati a curare ed assemblare il materiale visivo su diversi pannelli, la quale categorizzazione dipenderà dalla lettura del materiale influenzata dai diversi campi di ricerca dei professionisti invitati. Lo scopo della seconda settimana è di considerare come diverse discipline possano leggere e interpretare diversamente gli stessi simboli culturali.
Soft Power Palace è un festival e laboratorio dedicato agli spazi culturali indipendenti europei, alcuni dei quali si riuniranno per una breve residenza di due settimane per riflettere sul futuro dello scambio culturale. Cinque iniziative dirette da artisti da Lione, Milano, Barcellona, Sofia e Stoccarda condivideranno le loro esperienze come lavoratori indipendenti del settore culturale, organizzando uno scambio di competenze curatoriali e di co-working. Il fine di Soft Power Palace è di immaginare il futuro dello scambio culturale e le connessioni transregionali che possono crearsi al di là di forze politiche ed economiche.
ATLAS OF FORMS
“Sorge allora la domanda, la vera domanda: come tornano [reviennent-elles] le forme?, proprio come diciamo dei fantasmi. Domanda nietzscheana, domanda freudiana, ma anche domanda warburghiana per eccellenza: quella del Nachleben, della ‘sopravvivenza’ delle forme o delle ‘formule’ visive.” – Ritornanza di una Forma, La Conoscenza Accidentale, Apparizione e Sparizione delle Immagini, Georges Didi-Huberman
La storia dell’arte, dall’antichità ad oggi, è costellata di forme cariche di significato culturale che non solo appaiono in diverse culture, ma sembrano anche scomparire e riemergere in diverse epoche e posizioni geografiche. La storia dell’arte appare come una massa colorata di oggetti e avvenimenti, stati e cambiamenti, rumori e circolazioni. Come tracciare, in questa immensa massa, la creazione e trasformazione delle forme? Non ci chiediamo solamente in cosa mutino queste forme, ma come esse si trasformino nel tempo e nello spazio. Oltre che domandarci come si distribuiscono nel tempo e nello spazio, ci domandiamo in quali modi queste ridistribuzioni affettino il loro carattere antropologico.*
Per riflettere sul tema dello scambio culturale e sulla possibilità di formare connessioni transregionali che vadano al di là delle relazioni politiche è necessario riconoscere un terreno comune che può essere ricercato tra le pieghe della storia visiva europea. L’arte è sempre stata investita del ruolo di dar voce alle complessità dell’esperienza umana, sublimandola in oggetti sia sacri che profani per aiutare l’animo umano nella comprensione delle sue varie sfaccettature. Perciò, la nostra storia visiva può fornirci un atlante di formule visive che rispondono a varie esperienze umane che accomunano tutte le culture; morte, sessualità, potere, procreazione, natura, e via dicendo. Attraverso questi viaggi di apparizioni e sparizioni, le immagini e le formule visive hanno abbandonato il regno dell’arte per penetrare la quotidianità. Ma attraverso questa penetrazione del quotidiano, l’immagine ne esce trasfigurata: ex-voti etruschi rappresentanti le intestina ritornano nei mercatini dell’usato sotto forma di colorate figure di plastica per la decorazione del presepe natalizio*, colonne corinzie riappaiono all’entrata dei nuovi cinema americani, divenendo tanto più avvicinabili quanto più si allontanano dalle loro origini sacre.
Prendendo queste riflessioni come punto di partenza per il nostro progetto ideato per Soft Power Palace Festival, abbiamo deciso di dedicare le due settimane di residenza all’esplorazione delle forme visive, del loro ritorno, della loro trasfigurazione e della loro categorizzazione attraverso un coro di voci appartenenti a diverse culture e discipline. Il nostro desiderio è di esplorare non solo il ritorno e la trasfigurazione della forma da un punto di vista globale, ma di promuovere una compenetrazione di discorsi e discipline nella lettura e comprensione di tale materiale visivo. Abbiamo quindi deciso di dividere la nostra permanenza in due cicli di produzione. La prima settimana sarà dedicata al raccoglimento di immagini. Sei fotografi da sei diversi paesi consegneranno immagini di simboli culturali locali (dal più sacro al più mondano). Questo processo di consegne sarà a catena, e ogni fotografo dovrà rispondere alle immagini consegnate dal fotografo prima di lei/lui, in modo da attivare una ricerca di simboli culturali in comune. Nel frattempo, il nostro team curatoriale risponderà alle fotografie ricevute raggruppando materiale d’archivio di rilevanza (dipinti, incisioni, pubblicità, e via dicendo). L’obiettivo della prima settimana è quindi di raccogliere una vasta quantità di materiale visivo, che verrà poi utilizzato durante la seconda settimana.
La seconda settimana si concentrerà sulla lettura, l’assemblaggio e l’esplorazione dell’archivio visivo raccolto, prendendo come spunto di partenza L’Atlante delle Immagini di Aby Warburg. Cinque professionisti da cinque discipline diverse saranno invitati a curare ed assemblare il materiale visivo su diversi pannelli, la quale categorizzazione dipenderà dalla lettura del materiale influenzata dai diversi campi di ricerca dei professionisti invitati. Lo scopo della seconda settimana è di considerare come diverse discipline possano leggere e interpretare diversamente gli stessi simboli culturali.
Puoi seguire il progetto qui: atlas.ardesiaprojects.com
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